Dal 24 febbraio 2022 o, molto probabilmente già da alcuni giorni prima, la vita dei bambini ucraini è cambiata, sconvolta in maniera negativa. La Russia, paese confinante al loro, ha dichiarato guerra e da quel momento il popolo ucraino ha cominciato il proprio calvario di uomini, donne e minori. I bambini ucraini hanno avuto due sole possibilità: scappare in altro paese, una luce in fondo al tunnel per la salvezza, oppure restare nella loro terra natale e vedere con i propri occhi morte, distruzione e sperare di sopravvivere.
Quanto alla prima ipotesi, sebbene sia orientata alla salvezza, ci sono numerosi problemi a cui i bambini vanno incontro. Li attende infatti un distacco non solo fisico, ma anche emotivo, della propria terra,la propria casa, i luoghi della propria quotidianità. I minori devono innanzitutto riadattarsi ad una “nuova vita”: imparare una lingua diversa dalla loro, una cultura differente, si trovano ad interagire con persone che sono dei perfetti sconosciuti di cui si devono anche fidare. Nel secondo scenario, ossia assistere alla guerra, troviamo ugualmente dei problemi a cui i bambini possono andare incontro. Assistere a un conflitto crea nel minore tormenti e ossessioni; inoltre la guerra distrugge il tessuto sociale che dovrebbe aiutare il bambino ad una sana crescita e questo fa sì che egli sia privato degli aiuti necessari in queste situazioni (come ad esempio cibo, cure). Puo’ inoltre succedere che in una situazione di guerra il minore puo’ incappare in maltrattamenti, abusi sessuali, sfruttamento del lavoro e persino essere arruolato nei gruppi armati. Ultimo punto riguardante la seconda ipotesi è quello in cui potrebbe essere privato del sostegno degli operatori umanitari; sappiamo che lo sviluppo del bambino è legato alla figura dell’adulto e se il minore ne viene privato potrebbe subire conseguenze psicologiche ancora più dannose essendo inserito in un contesto di guerra e al contempo essendo immaturo psicologicamente.
In entrambi gli scenari prospettati il problema più grande che si riscontra è quello legato agli aspetti psicologici: non è facile per il soggetto che si trova a fare i conti con un trauma di questo tipo fidarsi delle persone. I professionisti del sociale devono costruire una relazione con esso che sia solida, anche se per centrare questo obiettivo è richiesto molto tempo e molto impegni da parte di entrambi i soggetti coinvolti: il professionista deve mettere il minore in condizione di potersi fidare di lui e nel contempo il minore deve sforzarsi di fidarsi. Ciò è destinato a fallire se non c’è massimo impegno da tutte e due le parti. Ad oggi non sappiamo se la guerra sia destinata a proseguire o si concluderà a breve, sappiamo solo che a pagarne le conseguenze sono anche i minori, vittime innocenti, a cui è stata tolta in gran parte la spensieratezza tipica della loro età e il futuro.
di Barbara Maggi, studentessa – facoltà di Giurisprudenza, Università degli studi “Guglielmo Marconi” di Roma
