L’incubo delle spose bambine. La testimonianza di Brendah (Zambia)


L’11 ottobre di ogni anno l’attenzione internazionale è per le spose bambine: numerosissime sono state le campagne a livello globale con un unico obiettivo, quello di abbattere le barriere che impediscono alle bambine di vedere riconosciuto il loro diritto a completare il ciclo di istruzione primaria (almeno nove anni di educazione).

L’istruzione è, infatti, uno strumento per tenere le bambine lontano dai matrimoni prematuri e dalle gravidanze precoci, ma anche per permettere loro una vita più degna, in un contesto di economia globale, calamità naturali e mondo digitale.
Navigando su internet ecco che UrbanPost ci racconta una storia, tragica, disumana, di quelle che non vorremmo mai sentire. Eppure, la storia di Brendah, sposata a nemmeno 17 anni con un anziano alcolista e violento è solo una delle tante. Nella solitudine della casa coniugale in Chibombo, Zambia, nel luglio 2014 la ragazzina ha scritto queste righe di una tragicità inaudita.
Sono sposata a un uomo vecchio. Nemmeno so quanti anni abbia, non me lo vuole dire. I miei parenti vivono a due paesi di distanza da noi. Sono andata per un poco a scuola ma poi non ho più potuto: non c’era nessuno che la pagasse per me così, cinque mesi dopo il mio ritiro dalle lezioni, mi sono ritrovata sposata a questo signore vecchio. L’ho incontrato per la prima volta a Lusaka, era andato a fare visita a mio zio; non ha ancora pagato la dote che aveva promesso alla mia famiglia per potermi sposare, però ormai mi ha sposata. Fa il contadino, nient’altro dato che ha abbandonato prestissimo gli studi: preferiva andare a caccia al posto che istruirsi.
Cosa sogno io? Sogno di vivere pienamente e di possedere una macchina ma la vita è peggiorata così tanto da quando ho dovuto sposarmi, devo fare i conti con tanti conflitti in casa, a partire dalle botte che prendo da mio marito. E’ davvero molto vecchio rispetto a me, sospetto che sia proprio questo a renderlo tanto geloso, mi picchia quando metto piede fuori casa “Dove credi di andare?” mi grida. E’ anche un alcolista, quando è ubriaco le cose peggiorano. Non ho davvero idea di come uscire da tutto questo, certo che vorrei essere sposata, ma con un uomo per bene. Chi vorrebbe essere abusato?
Ho pianificato di scappare da questo matrimonio, sogno di ritornare dalla mia famiglia. L’ho già detto a mio marito, mi ha detto che non gli importa, del resto lui ha tante amanti e anche due figli fuori dal nostro matrimonio. Devo solo trovare il modo di andare. Non ho nessuno con cui parlare, sfogarmi, condividere paure e dolori; lui rifiuta di farmi parlare con chiunque del mio malessere perché crede che se lo facessi metterei in piazza gli affari suoi. Per questo motivo mi ha sequestrato anche il telefono in modo da non farmi avere contatti di nessun tipo con la mia famiglia. Sono sola, isolata in questa casa e non faccio che pensare ai miei amici che forse saranno a scuola a costruirsi delle opportunità per un futuro che io ho paura di non avere più.
Non sono incinta e non lo sarò mai. Lo scrivo per bene e chiaro: mai. Io voglio controllare il mio corpo, anche quando lui mi picchia, anche a costo di prendere tante botte, io non gli permetto di violentarmi. Quando vuole violentarmi io grido e chiedo aiuto. Sono felice se riesco a non rimanere incinta perché così sarà più facile scappare da questo incubo.
Dei miei 4 fratelli non so più nulla se non che uno è sposato con figli mentre un altro è morto, così, da un giorno all’altro, dopo un terribile mal di testa. La mia sorellina Mary ha 14 anni, non so dove sia, non parlo con lei da tempo e non ho modo di farlo ma semmai la obbligassero a sposarsi io farò qualunque cosa per fermare quel matrimonio. Lo fermerei, a tutti i costi. Mi è sempre piaciuto giocare con i miei amici, giocavamo insieme a palla. E poi cantavo anzi canto ancora, canto spesso quando sono a casa da sola, cioè sempre, mi rende così felice cantare. La cosa, però, che più mi conforta, il pensiero che mi permette di ricordare cosa sia la felicità, è mia madre. Mi estraneo e penso a mia madre e a tutto il tempo speso con lei, alle belle sensazioni che mi dava essere sua figlia. Ero felice vicino a mia madre, ero una figlia.
Raccontiamo la sua storia per far riflettere, sensibilizzare e far comprendere chela realtà delle spose bambine è una violazione dei diritti umani, perpetrata nel tempo e giustificata col velo delle ‘tradizioni culturali’.
L’allarme lanciato dall’ultimo rapporto delle Nazioni Unite preoccupa: i matrimoni rischiano di aumentare: si stima si passerà dal +14,2 milioni all’anno (2010) al 15,1 milioni nel 2030 (+14%) nonostante le iniziative per frenare questa pratica il rapporto mostra che la frequenza dei matrimoni precoci è rimasta stabile nei Paesi in via di sviluppo nell’ultimo decennio.
Combattere per i diritti dell’infanzia significa anche informare e rendere partecipi tutti di cosa accade lontano dalle nostre realtà dove le bambine e le adolescenti vanno a scuola, giocano, praticano sport…
Fonti:
http://urbanpost.it/speciale-spose-bambine-brandah-17-anni-ci-racconta-il-suo-inferno-con-un-anziano-alcolista