Utero in affitto: è reato in Italia?


Negli ultimi tempi si sente spesso parlare di “utero in affitto”, il nome tecnico è maternità surrogata, e con esso tutti gli interrogativi, dubbi e polemiche che un tema così delicato solleva.

La maternità surrogata è quando una donna provvede alla gestazione per conto di una terza persona o, spesso, di una coppia –sterile, che saranno il genitore o i genitori del nascituro.

Quasi sempre la gestante è la madre naturale del bambino, in alcuni casi, però, porta in grembo e partorisce il figlio di due diversi genitori naturali.

Ci sono donne che ricevono un compenso per questa “prestazione”, altre che lo fanno in maniera altruistica, precisando che desiderano, semplicemente, donare l’immensa gioia della genitorialità a persone che non possono perché single o perché incapaci di generare o concepire un bambino. Ci sono stati anche casi – molto discussi e chiacchierati- di madri che hanno aiutato così le proprie figlie o figli, partorendo il loro “nipote”.

Lo scontro è tutto etico, ovviamente, posto che la scienza ci permette di realizzare questa particolare nascita.

Abbiamo due visioni molto distanti e divergenti tra di loro: c’è chi ritiene, in primis, che questo modo di nascere non tenga assolutamente conto dei diritti dei bambini ma, solo, di un egoistico desiderio degli adulti e, gli Stati moderni e civili non dovrebbero mai permettere. Quest’ultimi, infatti, debbono tutelare i diritti proprio di chi non può in nessun modo difendersi e proteggersi. In secondo luogo, pensano che tutto ciò, sia una tecnica di vergognoso sfruttamento del corpo femminile.

Il famoso movimento delle femministe “Se non ora quando-Libere” hanno lanciato diversi appelli per far mettere al bando la maternità surrogata in tutto il mondo: “Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino ad essere oggetti a disposizione: non più del patriarca ma del mercato”.

Si è parlato spesso di grembi-incubatrici, facendo perdere sia alla donna, sia al bambino, quella inviolabilità che il mistero della nascita porta con sé.

Dall’altra parte, c’è la visione di chi fortemente rivendica la libertà di scelta di una donna che decide di portare nel suo grembo una vita per altri, e libertà delle persone che desiderano avere un figlio e che in questo modo possono diventare genitori con tutti i diritti e le responsabilità che ne derivano.

 Chi avvalora questa visione ritiene che la pratica non debba essere vista come necessariamente un abuso, una forma di violenza o di schiavitù; si tratta comunque di una donna che non è soltanto corpo, ma ha una testa –pensante- e può liberamente decidere cosa fare del suo corpo.

In tanti Paesi la maternità surrogata è possibile ed è regolamentata.

In Canada e nel Regno Unito, ad esempio, è ammessa ma deve avvenire a titolo gratuito, come gesto di puro altruismo e di volontariato. In Russia e in Asia, invece, è ammesso in cambio di un corrispettivo economico o di un’altra utilità.

Qui si apre un altro problema che rende il tutto sempre più complicato: ci sono zone molto povere dell’Asia e non solo, dove questa pratica è diventata un vero e proprio business e dove effettivamente tante donne poverissime accettano per mera necessità economica.

Ci sono documentari che hanno svelato di come queste povere donne se, durante la gestazione, hanno problemi di salute o non riescono a portare a termine la gravidanza siano lasciate al loro impietoso destino, senza ricevere più nessun tipo di cura o assistenza che invece prima – da donne giovani e sane e che fruttavano soldi alle aziende ospedaliere – avevano accuratamente.

In Italia, l’utero in affitto costituisce un grave REATO.

La legge italiana punisce sia la madre surrogata che porta a termine la gravidanza cedendo suo figlio a un’altra persona o coppia che sia, sia i committenti, a prescindere se ci sia o meno un contratto e il pagamento di una somma di denaro.

Non solo, ma la legge italiana punisce chiunque realizza, organizza, pubblicizza o commercializza, in qualsiasi forma l’utero in affitto.

Secondo la Corte di Cassazione, l’utero in affitto viola i diritti del minore e impedisce alla madre biologica di acquisire quei diritti e doveri che derivano dalla maternità (sentenza n.2173 del 7 gennaio 2019).

La legge punisce il reato come illecito affidamento di minori e in maniera molto grave: si rischia la reclusione da tre mesi fino a 2 anni e la multa può arrivare fino a un milione di euro.

Secondo i Supremi Giudici chi pratica la maternità surrogata viola la disciplina sulle adozioni perché mette i propri desideri al di sopra dei diritti dei bambini, i quali, invece, hanno la preminenza su ogni altra questione o esigenza.

Come sempre, si trova il modo per aggirare il divieto.

Nessuno può vietare a un italiano di recarsi all’estero e di ottenere un figlio mediante la maternità surrogata.

In pratica, una volta nato il bambino e consegnato ai genitori, ci si reca all’Ufficiale di Stato civile estero dove è avvenuta la nascita per registrare questo bimbo come proprio figlio e viene rilasciato un atto di genitorialità che dovrà poi essere trascritto nei registri di Stato di provenienza.

Senza la trascrizione, non c’è lo status di figlio. 

Se uno della coppia ha un legame biologico col bambino, problemi non ce ne saranno, questo viene riconosciuto come genitore dalla legge italiana e, nel caso delle coppie etero, il bambino sarà adottato anche dall’altro membro della coppia.

Ma, se nessuno dei due genitori abbia un legame biologico, nascono spesso dei problemi.

Molti Comuni, in virtù proprio del divieto che vige in Italia, si sono rifiutati di trascrivere gli atti di nascita contestando il reato di alterazione di stato e la magistratura ha aperto le indagini.

Ma nel 2015 c’è stata la prima sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha dato ragione a una coppia che si era vista togliere il bambino nato con la surrogata all’estero. Secondo i giudici, a quel bambino, anche in mancanza di legami genetici, va legittimamente riconosciuto lo status di figlio dei genitori committenti.

Secondo i giudici di Strasburgo orientarsi in questo senso significa tutelare il diritto del minore al rispetto della sua vita privata e a individuare per legge chi sono i responsabili per la crescita di questo bambino.

Non riconoscere i c.d. “genitori intenzionali”, cioè quelli non biologici, come madre e padre effettivi del bambino sarebbe quindi incompatibile con la tutela di codesto.

Il parere consultivo non indica però come debba avvenire questo riconoscimento, con che strumento, e lascia liberi gli Stati di regolamentarlo in maniera discrezionale.

L’importante, precisano i giudici, che il legame di filiazione venga riconosciuto una volta che un ufficiale di anagrafe abbia identificato determinati soggetti come padre e madre legali del bambino.

Le reazioni alla sentenza sono state dure e immediate e, sia politici, che le associazioni che si battono contro l’utero in affitto, hanno parlato di sentenza politica, ambigua e irrispettosa della legge e dei valori di tanti Stati.

In conclusione, la sentenza della Corte europea non è vincolante, ma permette ai genitori di citarla ogni qualvolta si presentasse un impedimento al riconoscimento di questo “speciale” status di filiazione.

Qualcuno ha scritto: “Come è possibile, lucidamente e scientificamente, decidere di creare e di privare consapevolmente una persona della propria memoria genetica – dunque della sua storia, della sua salute fisica e mentale, della sua identità – con l’ infantile convinzione che l’amore possa essere la soluzione a tutto?”.

Semplicemente così termino il mio contributo, ricordando che ci sono tanti modi di donare Amore e tanti modi –nobili- di diventare Genitori come le adozioni…

di Adriana Fucci