In un mondo reale e digitale fortemente improntato sull’omologazione occorre prestare attenzione all’uso delle nuove tecnologie e agli impatti che tali modelli hanno sui giovani. Con la pratica denominata exclusion si vuole respingere qualcuno da un gruppo, isolarlo e non renderlo partecipe. Esempi sono l’ammonimento via social di non accettare le richieste di amicizia provenienti da un identificato compagno di classe, la sua non inclusione in un gioco interattivo o la creazione di un gruppo di classe virtuale senza coinvolgerlo con l’obiettivo di emarginare la vittima. Nel gergo giovanile si utilizza il termine bannare.
Allo stesso modo può realizzarsi un’esclusione in altri termini: può capitare che una ragazza decida di postare sui propri account social una foto scattata al mare e sia presa di mira dai cyberbulli con commenti e parole denigratorie ed offensive che giudicano negativamente l’aspetto fisico perché troppo magra, troppa grassa, troppo alta, troppa bassa e così via. Ovviamente le stesse dinamiche possono accadere anche per un adolescente che decida di condividere uno scatto dopo un allenamento in palestra.
Le forme di cyberbullismo riconducibili all’esclusione e alla ridicolizzazione dell’aspetto fisico hanno grande influenza su bambini e adolescenti. Oltre ad avere effetti dannosi sulla psiche, spesso il body shaming realizza un effetto diretto di esclusione della persona dal contesto social: la persona non si sente accettata dalla comunità e subisce il peso di modelli imposti da una società attenta all’estetica e che rifiuta il valore della diversità elogiando l’omologazione, spesso artefatta con strumenti digitali, e che appiattisce le qualità riducendo le persone a semplici immagini di copertina.
di Fabio Cruccu, giurista specializzato in Diritto minorile con focus su educazione digitale, giornalista pubblicista e presidente associazione F4CR network