Educazione digitale: impersonation e furto di identità


La società moderna comunica attraverso e-mail, app di messaggistica e social network. Si assiste ad una progressiva dematerializzazione delle comunicazioni in cui la velocità nell’inoltro dei messaggi e la semplicità di creazione di account possono dare vita a fenomeni di cyberbullismo incentrati sul furto di identità (identity theft), creazione di utenze inesistenti utilizzando foto di persone reali (fake users) e  sostituzione di persona.

Nel mondo digitale i rischi riguardano indistintamente bambini, adolescenti e adulti. I nativi digitali appaiono sicuramente più avvezzi nell’uso delle nuove tecnologie, ma dimostrano scarsa consapevolezza nel riconoscere l’attendibilità dei profili che incontrano sulla rete, abbassando il livello di guardia se contattati da utenti conosciuti o qualora ricevano e-mail da mittenti noti. In questo contesto, tuttavia, può accadere che il falso messaggio spedito da un falso profilo possa creare danni alla vittima, sia nel caso in cui si spacci per essa, sia nel caso in cui un terzo inconsapevole interagisca con un user non reale che lo inganni facendogli credere di essere qualcun altro.

L’impersonation, pertanto, è una sostituzione di persona, un atteggiamento subdolo col quale il bullo riveste i panni della vittima e compie azioni a suo nome: spedisce messaggi e pubblica commenti sulle piattaforme social con l’obiettivo di danneggiarne sul web la reputazione. Per far ciò chi agisce elude la password di accesso, ne diventa titolare e, avendo piena libertà, inoltra dall’account dell’ignaro proprietario messaggi minacciosi, foto deplorevoli e link dal contenuto reprensibile. Tali condotte violano le norme del codice penale, codice civile e della privacy (D.Lgs n. 196/2003).


di Fabio Cruccu, giurista specializzato in Diritto minorile con focus su educazione digitale, giornalista pubblicista e presidente associazione F4CR network