Uno dei problemi più spinosi in tema di cyberbullismo è legato alla costruzione della propria reputazione virtuale (web-reputation) che può essere fortemente messa in crisi con le azioni di trickery e di outing, due modalità con le quali i cyber-bulli prendono di mira le loro vittime ottenendo preventivamente la loro fiducia o venendo in possesso di informazioni imbarazzanti che si vorrebbero celare ai più.

Contrariamente alle azioni di molestia sul web o legate alla sostituzione di persona, a quelle connesse alla denigrazione o all’esclusione da un gruppo virtuale o ancora azioni che mirano a far infiammare gli animi attraverso tastiera e pc – incontrate in precedenza nel nostro viaggio nell’educazione digitale -, esistono altre tipologie che richiedono un vero e proprio piano per ottenere le informazioni da riutilizzare ai danni della persona offesa.
Ingannare sul web non è una novità e una declinazione di questo tipo di cyberbullismo è il trickery: in maniera subdola e spesso con la complicità di un terzo, il bullo conquista la fiducia della vittima per pubblicare sul web, a sua insaputa, le informazioni carpite al solo scopo di danneggiare la persona, umiliarla e prendersene gioco sui social. Un esempio diffuso tra i giovanissimi è il “pull a pig” con quale si seduce una persona sovrappeso per poi scaricarla con l’inganno.
Altra tipologia è l’outing, azione che si realizza quando il cyber-bullo pubblica volontariamente online alcune informazioni che la vittima vuole tenere nascoste per imbarazzo e che sono invece oggetto di scherno e derisione. Esempio classico è il condividere una foto che la vittima vorrebbe cancellare perché non la rappresenta come vorrebbe, trafugata da uno smartphone lasciato incustodito.
di Fabio Cruccu, giurista specializzato in Diritto minorile con focus su educazione digitale, giornalista pubblicista e presidente associazione F4CR network