La mafia e i minori: le catene della «famiglia»


Un fenomeno che sta pericolosamente aumentando è quello dei minori reclutati dalle organizzazioni mafiose per lo svolgimento di attività illecite.

Si tratta di ragazzi che vivono in quartieri ad alta disoccupazione e che sono privi di una corretta istruzione. I boss mafiosi sono, ai loro occhi, più forti dello Stato. La mafia rappresenta la soluzione al loro bisogno di sicurezza, di rispetto, di forza. Inoltre sono attratti dall’idea di un “arricchimento facile” e di una vita piena di “fama”.

Ma la realtà è ben diversa: i minori vengono utilizzati per lo spaccio di droga – cosa che oltretutto li porta ad assumere sostanze stupefacenti fino a renderli dipendenti – e per le estorsioni, ma anche per atti di violenza e omicidi.

In Italia sono circa 700 mila i minori che vivono in uno dei Comuni sciolti per mafia negli ultimi 20 anni, i quali sono dislocati nella stragrande maggioranza in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, con alcune diramazioni nel Lazio e in alcune regioni del Nord (Liguria e Piemonte). Dal 1 gennaio 2010 al 31 marzo 2011, 128 minori erano stati denunciati per reati associativi, 51 per associazione a delinquere, 12 per associazione di tipo mafioso, 72 per traffico di stupefacenti[1]. E questi dati sono in costante crescita.

Vanno anche considerati i minori che vivono in famiglie mafiose, che nascono e respirano la criminalità come unica realtà possibile. Questi giovani hanno trascorso la loro vita vedendo la violenza che i genitori esercitavano sugli altri, così come la violenza che magari proveniva dalle altre famiglie nei confronti dei propri parenti ed amici. Acquistano così una visione distorta di cosa si intende con lavoro, onore e giustizia.

E ancora, per coloro che decidono di testimoniare la vita non è facile, in quanto sono costretti a scappare costantemente, a nascondersi e a vivere esiliati dai loro familiari, perché visti come traditori.

Preoccupante è anche il fenomeno che collega le ragazze allo sfruttamento della prostituzione e per altre attività di natura sessuale.

La criminalità organizzata punta a fare una sorta di “lavaggio del cervello” ai bambini in modo da impedire che scuole, servizi sociali e altre gruppi di volontariato insegnino loro cosa realmente si nasconde dietro la facciata di ricchezza e splendore della mafia.

Rilevante è, perciò, la normativa a favore dei minori a rischio criminalità[2] e la legge a favore della promozione dei diritti e delle opportunità per l’infanzia e l’adolescenza[3].

Inoltre, è d’uopo accennare agli artt. 330 e 333 c.c. in merito alla decadenza della responsabilità genitoriale e della condotta pregiudizievole ai figli da parte dei genitori. Questi articoli sono fondamentali perché puntano a rompere il legame familiare, ove disfunzionale per i minori, e a introdurre i giovani in una realtà diversa, fornendo loro nuovi – e veri – valori.

Inoltre il legame tra questi due articoli e il ruolo del giudice è molto forte: infatti, recita l’art. 330 c.c., «il giudice può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare [come richiamato dall’art. 333 c.c.] ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore»; e dispone l’art. 333 c.c., «quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall’articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore». Data la delicatezza di queste tematiche l’articolo termina con una precisazione: «tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento».

In conclusione, l’impegno della società e del legislatore è sicuramente rivolto a coloro i quali non possono rompere da soli le catene che impediscono di vivere una vita migliore, nel segno dell’onestà e dei valori comuni.


[1] Riferimenti riportati dal sito www.savethechildren.it.

[2] Legge del 19 luglio 1991, n. 216.

[3] Legge del 28 agosto 1997, n. 285.

di Giulia Rossitto