L’amore non ha età… neanche quello malato.


“L’Amore non ha sesso, non ha età, non conosce limiti di tempo e spazio, non ha argini né categorie. È un sentimento universale dinanzi al quale bisognerebbe commuoversi, non scandalizzarsi; essere fieri, non vergognarsi. Amare non è peccato; in nessun caso. Infondo, per i Cristiani Cattolici Dio è Amore, no?“ Questa frase è di un’artista contemporanea, Pina Radicella, e afferma, tra le altre cose, che l’amore non ha età: mai frase fu più azzeccata. Ci si può innamorare ad ogni età. Secondo gli psicologi, ogni bambino può cominciare a provare, in modo consapevole, emozioni di ogni tipo già all’età di 3 anni, d’altronde la comunicazione affettiva è presente fin dal concepimento grazie alla simbiosi esistente tra madre e feto. È dall’adolescenza però che si manifesta in modo più concreto, con i primi amori e legami di coppia.

Se l’idea che l’amore non ha età e che ci si inizia a innamorare fin da piccoli è stupenda, terrificante è il pensiero che fin da piccoli il legame di coppia possa diventare malato.

Secondo Maura Manca, presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, la violenza di genere può manifestarsi già dalle prime esperienze sentimentali.  “Ciò che preoccupa maggiormente”, dice in riferimento al caso di Ivrea della ragazzina accoltellata dalla rivale in amore, “è che i ragazzi, già a partire dagli 11 anni, si trovano incastrati in relazioni sentimentali patologiche, senza che gli adulti capiscano cosa realmente accade sotto i loro occhi e abbiano gli strumenti per riconoscere i segnali precoci di disagio”.

L’osservatorio ha analizzato il fenomeno e ha ricavato dei dati preoccupanti. Un adolescente su dieci ha avuto paura, o ha tutt’ora paura, del proprio partner, mentre tre ragazzi su cinquanta si sentono intrappolati nella propria storia sentimentale, perché vittime di un fidanzato/a che minaccia di suicidarsi ogni qualvolta si litiga e ci si lascia, di cui il 60% sono femmine.

Inoltre il 16% degli adolescenti è stato costretto a cancellare dai vari social amici e/o compagni di scuola, perché obbligati dalla gelosia dell’altro. Sempre in tema di social, il 7% degli adolescenti sono obbligati a riferire le proprie password al proprio partner per essere controllati in maniera più stringente. Ancora, il 20% di questi ragazzi/e sono monitorati costantemente perché il partner controlla in modo ossessivo foto, chiamate, messaggi e quant’altro all’interno dello smartphone. Infine, due adolescenti su cinquanta sono stati addirittura aggrediti fisicamente,  quasi due ragazzi su dieci sono stati vittime di aggressioni verbali, mentre il 21% si sente controllato nelle proprie azioni e nei propri spostamenti, rispetto alle persona con cui esce e a volte persino a come si veste.

Ma quali diritti vengono lesi con questi comportamenti?

Il diritto alla libertà personale, sotto il profilo del diritto ad avere una vita privata, il diritto alla privacy e il diritto ad avere i propri spazi.

Il diritto alla vita privata non è direttamente riconosciuto nella nostra Costituzione, ma entra nel nostro ordinamento attraverso l’analisi congiunta di alcune disposizioni. Il diritto alla vita privata si traduce in diritto a preservare una sfera di riserbo, in diritto alla libertà personale e di domicilio, in diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero, sia nella volontà di esprimersi che di non esprimersi.

Se da un lato il riconoscimento del diritto al rispetto della vita privata non trova esplicito riconoscimento nella Costituzione, l’art.8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ha dato occasione per l’affermarsi di questa situazione giuridica soggettiva all’interno del nostro ordinamento. L’articolo citato infatti ha come finalità quella difendere l’individuo da ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri. La Corte Costituzionale ha cercato il fondamento normativo anche all’interno del nostro sistema, trovandolo negli articoli 2 e 3 (riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo e diritto di uguaglianza) e nei diritti espressi nella Carta fondamentale agli artt.29 e 30, che riconoscono il diritto al rispetto della vita privata e dell’intimità familiare: tramite l’utilizzo di questi due binari, europeo e italiano, il giudice delle leggi ha dato vita al diritto alla vita privata dei minori. Lavorando sul significato minimo di questo diritto, la Corte costituzionale è giunta a riconoscere la visione del diritto alla vita privata come diritto all’autodeterminazione, quale espressione del rispetto che ogni membro della comunità, quindi anche gli altri minori, è tenuto a osservare nei confronti della vita privata sociale di ciascuno. L’affermarsi nel tempo del concetto di privacy, intesa non solo come riservatezza dei dati personali, ma anche come segretezza della propria vita privata sociale, ha aiutato a rafforzare la concezione che la sfera privata comprende una serie di elementi, quali azioni, opinioni, preferenze, comportamenti e informazioni personali, che l’interessato ha diritto di mantenere con un tipo di controllo esclusivo. Quindi il diritto alla vita privata è inteso come diritto alle scelte di vita contro ogni forma di controllo, sia pubblico e privato.

Questi concetti si riassumono bene nell’art.16 della Convenzione di New York, che afferma che «nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti».

È chiaro come la paura, il senso di sentirsi intrappolati in una relazione e le aggressioni subite inficino questi diritti.

Le conseguenze più gravi le manifestano gli adolescenti che subiscono aggressioni fisiche; la maggior parte di questi ragazzi ha cambiato il proprio rapporto con il cibo: il 76,2% delle vittime di violenza fisica ha mangiato fino a stare male, il 46,6% ha ridotto drasticamente il cibo. Inoltre il 65,3% si sente triste e depresso, il 52% ha crisi di pianto. In ultimo, quasi la metà degli adolescenti vittime di violenza da parte del partner ha pensato al suicidio.

Questi dati sono allarmanti e sottolineano la necessità di guardare il fenomeno con una certa preoccupazione.

di Maria Ciana