“Jamila ha atteso la notte. Quella notte che non è mai così buia. Il plenilunio illuminava le colline di sabbia e palmenti, i palazzi e le case d’argilla con le loro punte aguzze contro i malefici”.
Questo pezzo è tratto dal libro “Mare al mattino”, di Margaret Mazzantini, che racconta la storia di Jamila, una giovane donna libica in fuga dalle rappresaglie delle truppe del Rais e dei Fratelli Musulmani per mettere in salvo suo figlio. Sull’altra riva c’è un’italiana nata a Tripoli, straniera nella sua stessa patria dopo il rimpatrio forzato dei coloni italiani seguito al colpo di stato di Gheddafi nel 1969. Questo a testimonianza che il fenomeno migratorio non è un evento straordinario degli ultimi anni, ma che, per svariati motivi, c’è sempre stato e molto probabilmente sempre ci sarà.
Perché allora l’accertamento dell’età dei minori è un tema al centro del contesto politico-giuridico moderno? Questo è dovuto all’aumento negli ultimi anni del flusso migratorio di bambini e adolescenti; le ultime analisi internazionali dimostrano anche che il fenomeno è in costante aumento: lo scorso anno si è registrato un incremento degli arrivi di minori, soprattutto di minori non accompagnati. Quest’ultima categoria di soggetti è particolarmente vulnerabile a causa dei rischi e delle difficoltà derivanti dal fatto di essere in un Paese a loro sconosciuto senza poter fare affidamento alla propria famiglia o almeno ad un adulto di riferimento. Tornando all’aumento degli arrivi di minori sulle nostre coste, basti pensare ad esempio che, secondo i dati UNHCR, nei primi nove mesi del 2016 il 15% di tutti migranti arrivati in Italia è rappresentato da bambini e ragazzi che viaggiano da soli e al 31 agosto 2017 risultano presenti in Italia 18.486 minori stranieri non accompagnati. Le presenze costituiscono il 33,6% in più rispetto allo stesso periodo di rilevazione dell’anno precedente e il 106,7% in più rispetto alle presenze del 2015. Questi minori sono in maggioranza di età compresa tra i 16 e i 17 anni, dunque l’accertamento sull’età risulta essere fondamentale affinché vengano attribuiti loro una serie di diritti che al soggetto adulto non spettano. Durante il loro viaggio portano con sé poco se non addirittura niente e tra queste poche cose molte volte mancando documenti in grado di dimostrare la minore età. A peggiorare la situazione c’è che a volte succede che al loro arrivo i minori si dichiarano adulti per cercare di non separarsi da altri connazionali o per poter essere trasferiti in centri regionali in modo tale da poter successivamente raggiungere altre parti d’Europa: da qui l’importanza di avere una normativa certa che disciplini il procedimento di accertamento.
Il nostro ordinamento prevede che l’accertamento sull’età del minore sia effettuato dall’Autorità di Pubblica Sicurezza che, ove necessario, può chiedere assistenza alle rappresentanze politico-consolari del Paese di origine del soggetto. Ad ogni modo, prima dell’accertamento sull’età, l’Autorità di Pubblica Sicurezza, mediante l’ausilio dei un mediatore culturale, richiede al soggetto di dichiarare le proprie generalità e di esibire un documenti se ne è in possesso; solo nel caso in cui emerga un dubbio circa la minore età si dovrà andare avanti con la procedura di riconoscimento.
La normativa italiana si presenta comunque disorganica: principi e garanzie procedurali sono disciplinati da fonti normative diverse, perlopiù secondarie. Alcuni principi sono previsti solo per l’ambito penale (si pensi all’art. 8 c.p.p.m. afferma che quando vi è incertezza sulla minore età dell’imputato, il giudice dispone, anche di ufficio, perizia; se dopo la perizia permangono dubbi sulla età, questa è presunta) o per l’ambito di protezione internazionali e non trovano applicabilità diretta in ogni accertamento di età. Nonostante la questione abbia assunto un’importanza sempre maggiore negli ultimi anni, non esistono ancora in Italia procedure omogenee e standard di applicazione per l’accertamento sull’età del minore.
In genere l’accertamento dell’età viene effettuato attraverso la valutazione della maturazione ossea del polso e della mano, il cd metodo Greulich-Pyle, che comporta un margine di errore di ± 2 anni.
Questa metodologia è criticabile sotto diversi aspetti, in particolare è condotto su una popolazione differente rispetto a quella dei soggetti valutati: è uno studio effettuato su bambini e adolescenti nati a Cliveland (Ohio) tra le due guerre del secolo scorso. In altri termini non c’è una corrispondenza né diacronica né sincronica tra i soggetti oggetto dello studio in questione e minori soggetti all’accertamento di età. Inoltre lo scopo dello studio non era quello di accertare l’età delle persone, ma quello di valutare la differenza tra età biologica e età cronologica in diverse situazioni auxologiche, per la verifica della potenziale crescita residua o per diagnosticare e monitorare malattie croniche, malnutrizione, carenze ormonali e simili. Nella prassi poi viene effettuata da operatori non specializzati, con la possibilità di errore di refertazione; è arcaica rispetto a nuove metodologie più attendibili: il Consiglio Superiore della Sanità, in un parere del 2009 rubricato “Accertamento dell’età dei minori non accompagnati”, ha raccomandato l’utilizzo del metodo Tanner-Whitehouse 3, che presenta minore variabilità, risultando così più attendibile.
Nonostante queste criticità, la Cassazione ha ritenuto attendibile il metodo utilizzato dagli operatori, affermando che “l’accertamento radiografico del polso dà conto dei risultati esperiti in tutti i casi consimili ed è in grado di offrire un tranquillizzante grado di certezza in ordine ai suoi esiti circa il processo di accrescimento dell’organismo nell’età evolutiva”.
Negli ultimi tempi le istituzioni si sono sensibilizzate sulla necessità di procedere ad un accertamento dell’età che sia multidisciplinare: il 6 gennaio è entrato in vigore il d.p.c.m. 234/16, regolamento che definisce i meccanismi per la determinazione dell’età dei minori non accompagnati vittime di tratta, adottato in attuazione dell’art. 4 d.lgs. n. 24/14.
l d.p.c.m. n. 234/16 chiarisce le procedure che devono essere adottate per determinare l’età dei minori vittime di tratta e introduce alcune fondamentali garanzie, prevedendo che solo ove sussistano fondati dubbi sull’età e questa non sia accertabile attraverso documenti identificativi, le Forze di Polizia possono richiedere al giudice competente per la tutela l’autorizzazione all’avvio della procedura multidisciplinare per l’accertamento dell’età; l’accertamento è condotto, nel rispetto del superiore interesse del minore, da un team multidisciplinare presso una struttura sanitaria pubblica, individuata dal giudice, ed è svolto attraverso un colloquio, una visita pediatrica auxologica e una valutazione psicologica o neuropsichiatrica, alla presenza di un mediatore culturale, tenendo conto delle specificità relative all’origine etnica e culturale dell’interessato; il minore deve essere informato sul tipo di esami cui sarà sottoposto, sulle loro finalità e sul diritto di opporvisi; la relazione conclusiva deve indicare l’attribuzione dell’età stimata specificando il margine di errore ed i valori minimo e massimo dell’età attribuibile; nei casi in cui, considerando il margine di errore, permanga dubbio sulla minore età, questa deve essere presunta; il provvedimento di attribuzione dell’età, adottato dal giudice competente per la tutela, è notificato, con allegata traduzione, all’interessato e al tutore, e può essere oggetto di reclamo; in attesa della determinazione dell’età, il soggetto deve comunque essere considerato come minorenne al fine dell’accesso immediato all’assistenza e alla protezione. Questo protocollo è per ora solo in riferimento ai minori vittime di tratta; il Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza auspica che sia applicato in via analogica a tutti i minori stranieri non accompagnati, anche in forza del fatto che la legge “Zampa”, recante le disposizioni in materia di minori stranieri non accompagnati e entrata in vigore il 6 maggio di quest’anno, regola per la prima volta l’accertamento sull’età e ne garantisce uniformità a livello nazionale. In altre parole, l’accertamento sull’età, che come visto non avviene sempre secondo linee omogenee, da questa legge in poi dovrà avere regole e procedimenti certi: bisogna capire che tipo di procedimento verrà adottato nel caso concreto e nel caso si opti per il procedimento Greulich-Pyle permarranno i rilievi critici derivanti da questa metodologia.
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di Maria Ciana