Mediazione familiare, separazione e divorzio


Molto spesso i minori si ritrovano ad essere coinvolti, a loro malgrado, in situazioni familiari conflittuali che hanno come epilogo una separazione o un divorzio. Ciò che purtroppo emerge è la compromissione a livello psicologico di questa utenza; analizziamo  due scenari possibili in base alla gravità di tale compromissione psicologica.                                             

In un primo scenario troviamo il minore inglobato in una situazione conflittuale tra i genitori che decidono congiuntamente di ricorrere alla figura del Mediatore familiare; il ricorso ad esso è possibile solo nel caso in cui non sia rilevata violenza ed ha come scopi quello di porre l’attenzione sulle relazioni familiari e non sul singolo investendo sulla trasformazione del legame con l’obiettivo di dare una nuova forma al corpo familiare. Il percorso è scandito da  una massimo di 10/12 incontri ogni quindici giorni in cui devono presenziare entrambi i genitori e non il minore. Questo servizio ad esempio è gratuito in Lombardia mentre è a pagamento in ambito privatistico. In una fase successiva ci si concentra sulla figura del minore il quale, vivendo una situazione di conflittualità in ambito familiare, può aver riscontrato sensi di colpa, paure apparentemente immotivate e molto spesso inerenti al futuro, oltre un senso di inadeguatezza e persino all’isolamento. In questa fase gli incontri sono indicativamente 4 della durata di due ore circa  a cadenza settimanale con un massimo di 8 partecipanti a gruppo.                                                                                  

I gruppi generalmente vengono suddivisi per fascia di età: il primo per la fascia 6-11anni e il secondo per la fascia 12-15 anni, percorso condotto da due mediatrici familiari generalmente.  Attraverso questo servizio si vuole umanizzare l’esperienza della separazione e normalizzarne il vissuto, rompere l’isolamento e nominare le paure.                                                                                                                  

Il secondo scenario, purtroppo più grave, è quello in cui un  minore che vive inglobato in situazioni conflittuali tra i genitori, presenta un quadro psicologico a volte più critico. Molto spesso questa utenza oltre ad essere assalita da senso di colpa, angoscia, si autoisola fino, talvolta, a compiere gesti estremi come tentare il suicidio. Per questi minori il giudice potrebbe predisporre un aiuto psicologico attraverso psicoterapia ma nei casi piu gravi potrebbe, per preservarne la salute fisica e mentale, predisporre  l’allontanamento dalla casa familiare. Vengono utilizzate a tal proposito due soluzione: l’affidamento ad una famiglia affidataria per un periodo determinato oppure si affida il soggetto a strutture apposite come la Casa Famiglia (quando viene allontanata anche la madre unitamente al minore) oppure le Comunità.                                                    

La mediazione familiare risulta una delle soluzioni migliori, quantomeno per cioò che concerne la salute prevalentemente mentale del minore, ma ad oggi è ancora troppo poco utilizzata poiché, basandosi sull’iniziativa dei genitori, spesso questi finiscono con il pensare prettamente ai risvolti legali ed economici che potrebbe portare una separazione o un divorzio piuttosto che pensare al bene del minore coinvolto.  Bisogna mettere al centro di qualsiasi controversia familiare il bene del minore ma per far ciò è richiesto un elevato grado di maturità degli adulti che spesso al giorno d’oggi manca.

di Barbara Maggi, studentessa – facoltà di Giurisprudenza, Università degli studi “Guglielmo Marconi” di Roma