1989-2014: a venticinque anni dall’adozione della Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia, gli Stati Uniti non l’hanno ancora ratificata. Perchè?
Il 20 novembre 1989 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato a New York la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC – Convention on the Rights of the Child). Da venticinque anni, quello stesso giorno, rappresenta per il mondo intero ‘la giornata dedicata ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza’, una giornata in cui si celebra la Convenzione (ratificata, ad oggi, da ben 194 Stati) e che rappresenta un momento di riflessione collettiva, per tirare le somme su quanto si è fatto e quanto ancora si deve fare per garantire i diritti (umani) dei minori: salute, non discriminazione, istruzione, partecipazione, etc.
I diritti dei minori, infatti, è bene ricordare, non sono una categoria a parte rispetto a quella dei diritti umani, sono piuttosto una specificazione necessaria per garantire una tutela adeguata a una categoria particolarmente debole e vulnerabile.
La CRC è stata ratificata in tutto il mondo ma due paesi non l’hanno firmata, il Sud Sudan e la Palestina.
Fino a qualche mese fa, due paesi avevano soltanto firmato, senza ratificarla: la Somalia e gli USA. Se la Somalia il 20 gennaio 2015 ha provveduto a ratificare, è quanto meno – apparentemente – inspiegabile che l’azione di ratifica sia invece, tuttora, disattesa dagli Stati Uniti d’America. Come si spiega tutto ciò?
La risposta a questa domanda deve essere cercata nel diritto internazionale: è necessario premettere che firmare una Convenzione non equivale a ratificarla. La semplice firma da parte di uno Stato non fa entrare la Convenzione nel diritto interno ma si configura come un semplice impegno politico. La ratifica, invece, implica l’assunzione di un vero e proprio impegno da parte dello Stato che deve adottare le misure necessarie e far applicare le disposizioni della Convenzione nei Tribunali.
Gli Stati Uniti hanno firmato la Convenzione internazionale dei diritti del bambino nel 1995. La ratifica però non è stata messa in atto. Di fatto ciò implica che se l’America garantisce sul suo territorio i diritti del bambino e dell’adolescente, dall’altra i cittadini non hanno la possibilità di farli valere in tribunale.
Ma qual è la ragione di fondo? Quali disposizioni della Convenzione sui diritti dell’Infanzia fanno dissuadere gli Stati Uniti dalla ratifica? La CRC parla di diritto all’educazione, alla non discriminazione, alla salute ma anche del riposo e del tempo libero.
La pena di morte per i minori è il principale ostacolo alla ratifica – Un articolo è la chiave di volta di questa negazione: “Nessun bambino deve essere torturato né a pena di trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Né alla pena capitale, né l’imprigionamento a vita senza possibilità di liberazione devono essere pronunciati per le infrazioni commesse da persone con età inferiore ai diciotto anni” (art. 37, CRC).
Secondo i giuristi, quest’articolo (che disciplina il divieto della pena di morte e della detenzione) è all’origine della reticenza degli Stati Uniti per la ratifica della Convenzione. Nel 1989, anno di adozione della Convenzione, numerosi Stati americani praticavano ancora queste pene sui minori, anche se nel 2005 ci fu un monito da parte della Corte Suprema: la necessità di abolire la pena di morte nei confronti dei minori. Questa sollecitazione è, tuttavia, rimasta disattesa, nonostante sia stata inserita nel programma politico della campagna elettorale del Presidente Barack Obama.
Gli Stati Uniti non amano avere pressioni esterne sulla propria legislazione: non hanno ratificato la CRC ma, paradossalmente, hanno ratificato due dei tre protocolli facoltativi annessi alla Convenzione (che trattano dei reati sessuali e del divieto dell’impiego dei minori nei conflitti armati). La particolarità consiste proprio nel fatto che il corretto iter da seguire è questo: lo Stato prima ratifica la Convenzione solo in seguito o contestualmente ratifica anche i protocolli facoltivi. Gli Stati Uniti in questo caso appaiono decisamente come un ‘caso’ nel diritto internazionale.
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