Ancora sulla bigenitorialità … e i nonni?


Nel corso del precedente articolo si è identificato il concetto di bigenitorialità con il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, ricevendo cura, educazione e istruzione da entrambi, non soltanto laddove la famiglia resti unita, ma anche e soprattutto nel caso in cui sopraggiunga la separazione o il divorzio tra i genitori medesimi.

In realtà, l’art. 337-ter del codice civile, che mira a dar concretezza alla bigenitorialità all’interno dell’ordinamento italiano, riconosce espressamente la legittima aspirazione del minore a pretendere una continuità e stabilità di rapporti, non soltanto nei confronti dei propri genitori, ma anche rispetto ad ascendenti e parenti di ciascun ramo genitoriale; ed è proprio in questo contesto che emerge, con tutto il suo bagaglio di problemi, la figura dei nonni, veri e propri pilastri nei riferimenti dell’infanzia, ma i cui diritti, troppo spesso, faticano ad essere riconosciuti, soprattutto nel caso di separazioni difficili, laddove i minori diventano strumento di vendetta e leve di scambio, ed il cui risultato finale è l’indebolimento di quel rapporto fondamentale nonno/nipote che dovrebbe, invece, rappresentare un punto di riferimento nella vita affettiva ed educativa di ogni bambino.

Il nuovo testo dell’art. 317-bis del codice civile è stato espressamente dedicato dal legislatore italiano ai rapporti tra minori ed ascendenti, riconoscendo il diritto di questi ultimi a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni ed assicurando loro la facoltà di ricorrere dinanzi al giudice qualora tale diritto dovesse essere leso, affinché il giudice adotti i provvedimenti più opportuni, sempre nell’esclusivo interesse del minore medesimo. Ancora una volta, quindi, nonostante il dato letterale della norma citata parli espressamente di diritto degli ascendenti, ciò che va rimarcato è la volontà da parte del legislatore italiano di tutelare il diritto del minore ad avere sani rapporti con i propri parenti, tant’è vero che i nonni, paterni o materni, possono sì ricorrere al giudice, ma la loro richiesta non potrà in alcun caso essere accolta laddove risulti incompatibile con un’esistenza equilibrata del minore stesso, sempre nel rispetto di quell’ottica bambino-centrica che ha ispirato l’intera riforma del diritto di famiglia.

Per meglio comprendere quanto sopra riportato, è utile richiamare una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Civ. n. 752/2015), la quale ha espressamente chiarito come il diritto del minore di mantenere rapporti significativi con ascendenti e parenti non può tradursi nell’automatico riconoscimento di un vero e proprio diritto di visita da parte dei nonni, ma piuttosto, come uno dei molteplici aspetti che il giudice deve tenere in considerazione nel momento in cui si trovi a dover decidere con riguardo alla vita del minore.

In altri termini, il giudice, nell’adottare i provvedimenti riguardanti il minore, dovrà tenere adeguatamente in considerazione, non soltanto la quantità di tempo che il bambino trascorrerà con ciascuno dei genitori, ma altresì quella che potrà dedicare agli altri componenti della famiglia, in particolare ai nonni, sempre che ciò non risulti dannoso per il bambino stesso.

Nella pratica, la decisione del giudice sarà basata su un’indagine approfondita, talvolta ben più approfondita rispetto a quella che viene condotta prima di pronunciare un provvedimento riguardante un genitore, in quanto, mentre il rapporto col genitore tende a essere sempre e comunque tutelato all’interno delle aule di tribunale, lo stesso non si può dire rispetto al rapporto con la figura del nonno, il cui diritto di trascorrere del tempo con il proprio nipote, viene spesso qualificato come diritto di serie b, e quindi, in quanto tale, facilmente limitabile, soprattutto nel caso in cui non si voglia compromettere ancora di più la già complicata relazione tra i genitori del bambino, la cui collaborazione è, evidentemente, indispensabile affinché tutte le parti possano dirsi soddisfatte.

Alla luce di quanto detto, quindi, il diritto dei nonni meriterà tutela solo ed esclusivamente laddove la mancata relazione con gli stessi sia effettivamente e concretamente pregiudizievole per il minore, che in nessun caso deve essere costretto a subire le ripercussioni dei cattivi rapporti tra i genitori o tra questi e gli ascendenti; in concreto, laddove, ad esempio, sia il minore stesso a manifestare la volontà di non trascorrere del tempo con i nonni, per quanto tale volontà possa derivare dalle ragioni più disparate ed essere finanche, verosimilmente, condizionata dai genitori, il giudice non potrà certamente imporre al minore tale frequentazione.

È soltanto a livello europeo che i nonni vedono più fortemente tutelato il loro diritto di mantenere una sana relazione con i nipoti, laddove l’articolo 8 della CEDU, nell’assicurare la tutela del rispetto della vita privata e familiare, non compie alcuna distinzione, ritenendo che la stessa debba includere i legami tra tutti i prossimi congiunti, compreso naturalmente quello tra nonni e nipoti.

Ancora tanto occorre quindi fare affinché sia possibile assicurare la tutela, sia del diritto dei minori ad avere un rapporto stabile con i propri parenti, sia del diritto dei nonni di godere dei propri nipoti, in modo tale da poter preservare quel legame fondamentale tra nonni e nipoti che, proprio in Italia, rappresenta una risorsa irrinunciabile e dove, i più grandi possono trasmettere alle generazioni del futuro la propria esperienze e conoscenza della vita, indispensabile per la crescita, ed i più piccini, hanno la possibilità di attingere ad una fonte pressoché inesauribile di storie, testimonianze ed affetto.

di Martina Famlonga