La mediazione penale minorile è un argomento che in Europa è sorto solo negli ultimi anni, nonostante già verso la fine degli anni quaranta si sia sentita l’esigenza di un processo di mediazione che mettesse in contatto vittima e carnefice. Sorgeva così un nuovo modo di vedere il reato e il processo penale minorile. Un esempio importante può essere trovato in Catalogna, Spagna.
La fonte principale la possiamo trovare nella legge n. 4 del 1992. La quale ci dice che la richiesta di valutazione sulla possibilità di intraprendere una mediazione parte dalla procura dei minori. A questo punto un gruppo di mediazione, ricevuta la richiesta dal pubblico ministero, intervistano il minore e la vittima del reato. Se l’esito di tale fase è positiva si procede con la mediazione. Se l’esito è negativo la documentazione sarà rinviato al tribunale che procederà nel merito.
È evidente quindi la visione rieducativa della riforma avvenuta nel paese. Dove passa in secondo piano la punizione, mentre in primis si cerca di responsabilizzare il minore mettendolo al centro dell’attenzione. Il primo a essere contattato è infatti il minore e i suoi famigliari. Si procedei infatti a spiegargli cosa sia la mediazione, come s’inquadra nel processo penale, la funzione del mediatore, l’oggetto del procedimento a suo carico, e tutte le altre informazioni necessarie per fargli comprendere cosa gli aspetta.
Si passerà successivamente a una fase in cui il personale tecnico valuterà se il minore riconosce la sua responsabilità del fatto, se ha la volontà di conciliarsi e riparare i danni arrecati, se sorge nel minore una sorta di empatia nei confronti della vittima e del suo dolore. L’attività del mediatore in questa fase consiste solo nell’esplorare gli aspetti che possano essere importanti per lo sviluppo successivo della mediazione. Se il gruppo di mediazione valuta positivamente la possibilità di portare avanti una mediazione, informa la procura e aspetta l’approvazione del programma. Una volta approvato il programma il gruppo contatta la vittima. Se si tratta di un reato commesso ad opera di un gruppo di ragazzi, viene in genere offerto a tutti la possibilità di riparare congiuntamente. Lo spazio di lavoro in questo caso riguarda tutti e si opera in gruppo.
A questo punto entra in scena la vittima. Gli incontri si svolgono in modo similare a quelli avvenuti con il minore. Inoltre vengono raccolti elementi relativi all’obiettivo della denuncia e alle sue aspettative nei confronti della giustizia, alla tipologia dei danni subiti e delle sue conseguenze fisiche, psicologiche e materiali. Questi incontri sono fondamentali per il mediatore, al quale è data la possibilità di raccogliere tutte le informazioni utili per definire il tipo di conflitto che andrà a sedare, in modo da trovare una soluzione che possa soddisfare entrambe le parti.
A questo punto il mediatore ha diverse possibilità di intervento. Potrà infatti procedere a una mediazione diretta qualora la mediazione non risulti controproducente per le parti, le parti siano aperte al dialogo, queste dimostrino la loro volontà a raggiungere un accordo, le aspettative delle parti siano compatibili tra di loro. Nel caso non vi siano queste condizioni si procederà invece a una mediazione indiretta. Fondamentale però sarà la partecipazione dinamica delle parti nel conflitto in modo da arrivare a un accordo, il quale dovrà essere volontario, ragionevole e proporzionato al danno.
Bisogna però sottolineare che non sempre è necessaria la presenza della vittima per avviare un processo di mediazione. Infatti in determinate circostanze sarà sufficiente l’impegno riparatore del minore per evitargli l’ingresso nel processo penale.
Al termine della mediazione, il mediatore redigerà una valutazione scritta dalla quale risulterà: il grado di responsabilizzazione del minore; gli impegni presi e se sono stati soddisfatti; se la vittima è stata effettivamente risarcita; la valutazione da parte dell’autore e della vittima della mediazione.
L’insieme di tutte queste informazione servirà all’elaborazione di un rapporto indirizzato al pubblico ministero insieme al documento dell’accordo firmato dalle parti. Nel caso in cui la mediazione non abbia avuto successo si riprende il percorso giudiziario, ma in nessun caso quanto accaduto durante la mediazione può pregiudicare il minore durante il processo. Nel caso in cui la mediazione abbia avuto successo, il caso viene archiviato dal giudice di minori.
Nel 2001 però c’è stata un importante riforma. È infatti entrata in vigore la legge n. 5 del 2000 sulla responsabilità del minore, completando e in alcuni casi modificando la normativa previgente. In tale legge si parla in modo esplicito di mediazione, di conciliazione e di riparazione del danno. Il minore potrà ora scegliere quando accedere alla mediazione. Potrà infatti farne richiesta in due momenti diversi del processo, cioè in fase d’istruzione e durante l’esecuzione della misura o pena prevista dalla sentenza.
La legge inoltre elenca i reati per i quali è prevista la mediazione, cioè quelli meno gravi e contravvenzioni nelle quali non vi siano violenza o intimidazioni gravi. E anche in ciò si differenzia dalla legge del 1992, oltre che sui termini di presentazione della domanda.
Esaminando brevemente l’articolo 19, possiamo dire che il procedimento di mediazione si estrinseca come segue. Il pubblico ministero potrà rinunciare alla prosecuzione del procedimento, considerando la poca gravità e le circostanze dei fatti e del minore, in particolar modo la mancanza di violenza o intimidazione gravi nella commissione dei fatti, e alla circostanza che il minore inoltre si sia conciliato con la vittima o si sia impegnato a riparare il danno causato alla vittima o al danneggiato dal reato, o si sia impegnato a compiere l’attività educativa proposta dal gruppo tecnico nella sua relazione.
Agli effetti di quanto stabilito dal comma precedente, si considera raggiunta la conciliazione qualora il minore riconosca il danno causato e si scusi davanti alla vittima, ed essa accetti la scusa, e si considera riparazione l’impegno assunto dal minore nei confronti della vittima o danneggiato di compiere determinate azioni nel loro beneficio o in beneficio della comunità, seguito dal suo compimento effettivo.
A questo punto il gruppo tecnico che si è interessato di ricavare tutte le informazioni del caso, ricoprirà altresì le funzioni di mediazione fra il minore e la vittima o danneggiato, e informerà il pubblico ministero degli impegni acquisiti e del suo grado di compimento.
Una volta raggiunta la conciliazione o realizzati gli impegni di riparazione assunti nei confronti della vittima o danneggiato dal reato o contravvenzione commesso, o qualora l’uno o l’altro non fossero eseguibili per cause estranee alla volontà del minore, il pubblico ministero chiuderà la fase d’istruzione e chiederà dal giudice l’archiviazione degli atti.
Nel caso in cui il minore non eseguisse la riparazione o l’attività educativa concordate, il pubblico ministero eserciterà l’azione penale.
Nei casi in cui la vittima del reato o della contravvenzione fosse minore d’età o incapace, l’impegno al quale si riferisce il presente articolo dovrà essere assunto dal rappresentante legale della vittima, con l’approvazione del giudice di minori.
La mediazione penale ha trovato dei canali nel sistema spagnolo anche se fatica molto ad affermarsi su tutto il paese, principalmente a causa della vigenza del principio di obbligatorietà dell’azione penale. Sono molti i giuristi spagnoli che ritengono sia necessaria una riforma sulla legge processuale per temperare il rigidismo di tale principio e aprire così le porti a una giustizia più riparativa. Purtroppo nonostante si sia negli anni aperto un dibattito sulla possibilità di rivedere il sistema processuale in chiave più moderata poco si è ancora fatto. Certamente l’esempio catalano potrebbe un buon punto di partenza. È evidente infatti come con la riforma del 2000 si voglia dar voce a un clima di rinnovamento.
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di Lisa Guerra